Diagnosi prenatale: perchè il test del DNA fetale

Maledetto Fibroma Il Libro

Come vi ho anticipato, d’ora in poi, e per qualche mese almeno, vorrei trattare sul blog anche qualche argomento legato alla gravidanza, e in special modo alla gravidanza dopo un intervento di rimozione dei fibromi.

La prima questione riguardo la quale mi sono informata quando ho scoperto di essere incinta, e della quale vorrei iniziare a parlare in questo articolo, è quella relativa alla diagnosi prenatale effettuata con il test del DNA fetale.

Si tratta di un test ancora poco diffuso e del quale io sapevo ben poco. Tra l’altro quando ho iniziato a cercare informazioni sul web mi sono imbattuta per lo più in aziende che si occupano del test del DNA che serve per attestare la paternità di un bambino.

Il test prenatale del DNA fetale è un test che si esegue sul sangue materno da cui viene estratto ed analizzato il DNA del bimbo.

A differenza dei test di screening come il test integrato e il test combinato invece di valutare il rischio che ha il bimbo di avere una determinata patologia (in primis la sindrome di Down), il test del DNA fetale fornisce una diagnosi precisa di normalità o di problematiche.

Il test integrato, che è quello cui si sottopone la maggior parte delle donne in gravidanza, combina i risultati della translucenza nucale con gli esiti delle analisi del sangue e con l’età della mamma (che se elevata, cioè semplicemente superiore ai 35 anni, rappresenta un fattore di rischio) e fornisce un risultato percentuale relativo alla possibilità che il bimbo abbia la sindrome di Down.

Quanto ero incinta di Giorgia e ho fatto il test integrato il nefasto esito era stato che la mia bimba aveva una possibilità su otto di avere la sindrome di Down. Io non ero in età a rischio, però già la translucenza nucale aveva fornito valori che avevano allarmato i medici. Nonostante mi sia sottoposta ben due volte all’esame della translucenza fetale, o nonostante ciascun esame abbia dato risultati diversi (e poi in un altro post vi spiegherò perchè), il mio test integrato è stato irrimediabilmente “deviato” (permettetemi di usare questo termine) e, nell’allarmismo totale, e con un’ansia che non stò a descrivervi, mi ero dovuta sottoporre immediatamente ad amniocentesi.

Giorgia era risultata sana come un pesce e almeno per qualche tempo (poco tempo a dire il vero) avevamo potuto dormire sonni tranquilli.

E’ proprio per evitare un iter simile a quello della mia prima gravidanza (complice adesso anche l’età!) che ho deciso di informarmi sul test prenatale del DNA fetale. E’ stata Ilaria a parlarmene per prima, l’estate scorsa quando era incinta di Sofia. Mi aveva parlato di un esame molto costoso, svolto solo privatamente, cui avrebbe voluto sottoporsi se il tuo test integrato avesse dato risultati allarmanti.

Questa cosa mi era rimasta impressa, anche se allora non avevo cercato informazioni in merito, e mi è tornata in mente praticamente appena ho scoperto di essere incinta.

Praticamente il test del DNA fetale offre gli stessi risultati di amniocentasi e villocentesi, cioè una risposta sicura. Amniocentesi e villocentesi sono, come saprete, procedure invasive e anche rischiose, visto che nell’1% dei casi provocano l’aborto. Il test del DNA fetale è invece un semplice prelievo di sangue. Non è quindi invasivo, né doloroso, né pericoloso. E sono davvero felice che l’abbiano inventato! Pensate che in Italia esiste già da circa 5-6 anni, solo che ancora circolano poche informazioni in merito ed, essendo piuttosto costoso, non è molto diffuso. In molti paesi però, come ad esempio l’Olanda, l’amniocentesi è ormai desueta ed è stata sostituita anche nelle strutture pubbliche da questo test.

Vi racconterò altri dettagli relativi al test prenatale del DNA fetale nel prossimo articolo, man mano che approfondisco la questione, anche perchè qua mi sono dilungata già troppo!

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