La testimonianza di Cristina, embolizzata a Catania dal Prof. Magnano

Maledetto Fibroma Il Libro

Cristina è stata embolizzata qulche giorno fa a Catania, dal dr. Magnano, e ha voluto condividere con noi la sua bella storia a lieto fine. Grazie Cristina, auguroni di cuore per la tua convalscenza, e bravo Professor Magnano!

Mi chiamo Cristina, ho 38 anni compiuti da poco, sono di Reggio Calabria e anch’io sono una “fibroma fighter”. Ho sempre avuto coscienza del fatto che, prima o poi, avrei dovuto fronteggiare questo problema e per una ragione ben precisa: mia madre, mia zia e mia nonna prima di me, loro malgrado, hanno subito un intervento di isterectomia.

Ho scoperto di avere due fibromi, dopo una visita ginecologica svoltasi due anni fa, e che avevo fatto perché avevo un polipo al collo dell’utero (scoperto in seguito a una visita fatta, anzi, mal fatta, in ospedale) che mi provocava continui sanguinamenti. In quell’occasione, fatta presente l’ereditarietà del problema, la ginecologa che ha asportato il polipo, mi conferma la presenza di due fibromi che, però, se asintomatici, andavano soltanto tenuti sotto controllo con visite semestrali e così ho fatto. Ciclo regolarissimo, niente fastidi.

Tutto inizia a prendere una certa piega nl momento in cui, al controllo, mi si prospetta l’intervento di rimozione degli stessi (tecnica che chiamerò “taglio sotto la pancia”), che sarebbe stato tutto sicuro e che avrei ripreso in breve tempo la mia vita normale. Io, che ho paura persino dell’ago per fare il prelievo presso il laboratorio di analisi, non la sto a sentire, perché non ho fastidi di sorta e mi sento bene.

Purtroppo, a causa di vicende familiari, con conseguente stress, inizio a star male e ad avere stanchezza cronica, affaticamento, depressione. Ho toccato il fondo il giorno in cui, praticamente non mi sono alzata dal letto, se non per il tempo necessario a fare colazione. Faccio le analisi e mio padre mi porta dal medico curante. Verdetto: ferro a 3 e rotti e globuli rossi bassissimi; di corsa in ospedale per forte anemia e ricovero con trasfusioni.

Non dimenticherò mai l’arrivo al pronto soccorso e chi guardava me, continuando a guardare i valori dicendomi che ero una morta che camminava. Tre giorni di trasfusioni che mi hanno cambiato la vita e in cui il ginecologo del reparto che ha provato a visitarmi, mi ha guardata con disprezzo dicendomi: ”Non vede che pancia che ha? Sembra incinta! Lei deve eliminare questifibromi!”

Per fortuna, i valori si alzano, mi danno una cura, ma mi dicono che non ho molto tempo per agire, perché, con due cicli abbondanti, potrei perdere le trasfusioni fatte, vanificando tutto.

Avevo letto dell’embolizzazione, perché mi rifiutavo di rassegnarmi al fatto che la scienza non avesse fatto passi avanti in tal senso, ma ciò che non sapevo, era che la tecnica esisteva, ma non era minimamente contemplata dai ginecologi della mia città, dato che sarebbe stato difficile per loro spartire una torta così ghiotta. Il primo luogo che mi viene in mente è Roma e, sebbene i medici mi avessero sconsigliato un viaggio, mia sorella decide di telefonare in mia vece, per conoscere i tempi di attesa, che si riveleranno poi lunghi. Il Dott. Lupattelli, lavora solo in clinica privata, per me dispendiosa, e quindi, ormai rassegnata al “vecchio metodo”, chiedo a mia sorella di fare un ultimo tentativo a Catania col Prof. Magnano. E lì, grazie alla segretaria del dottore, che fissa subito un appuntamento, inizio a intravedere un lumicino in fondo al tunnel: sarà per me possibile effettuare una visita, durante la quale lo specialista dirà se possa avvalermi anch’io di questa tecnica o meno.

Col cuore in gola e piano d’ansia, vado a Catania (lontano da casa mia, ma non come Roma). La segretaria si accorge subito che sono ultra spaventata ma, piano piano, mi mette a mio agio e mi rassicura (dirle grazie sarà sempre troppo poco). Il Dott.Magnano, dopo la visita, mi conferma che la tecnica può essere utilizzata per il mio caso e che sarà anche possibile usufruire del Sistema Sanitario Nazionale, per i costi dell’intervento. Ha ascoltato la mia storia, ha visto le mie analisi recenti e non, con la cura datami dall’ospedale e ha sgranato gli occhi nel sentire le parole sprezzanti rivoltemi dal ginecologo del reparto. Ma a me non importava più nulla: potevo fare l’intervento.

Sempre grazie alla solerte segretaria, potrò embolizzarmi il 27 giugno, praticamente un tempo piccolissimo rispetto alle attese che mi erano state dette, e quello che inizialmente era un lumicino, inizia a diventare una luce che prende corpo sempre di più, ma le sorprese non finiscono qui. La segretaria del dottore, che considero insieme a lui mia benefattrice, mi telefona nuovamente dicendo che il professore è disponibile all’intervento il 20 giugno e che posso recarmi in clinica a Catania per espletare tutte le procedure di rito. Il 18 parto alla volta di Catania e il 19 mattina presto, a digiuno, eccomi presso la clinica per gli esami preparatori e il colloquio con l’anestesista (tutte persone di un’umanità mai vista, che non smetterò mai di ringraziare).

Il 20 mattina, di buon’ora, il personale paramedico (che mi ha sostenuta alla grande) viene “a prendermi”. Se sei fifona come me, avrai il terrore di vedere aghi, bende et similia, ma l’anestesista e i suoi collaboratori sono stati grandiosi nel cercare di farmi rilassare, di farmi ridere, perché avevo addosso tanta, tanta paura.

L’intervento dura in tutto 15 minuti, a seconda del numero di fibromi e della loro grandezza (nel mio caso, uno intramurale da 7 cm e uno sottomucoso da quasi 4); io ero vigile, sebbene mi fosse stata fatta un’anestesia locale dal punto vita fino alle gambe, e ho visto come il professore, con mano esperta, procedesse a “tagliare i viveri” a quei maledetti.

Il post operatorio e le reazioni, dipendono da persona a persona: io ho chiesto una dose di antidolorifico forte, perché mi conosco e so di non avere tolleranza, per cui l’anestesista ha applicato una “pompa” elettronica contenente un mix di farmaci a rilascio programmato (ogni ora) e che mi hanno consentito di tollerare molto bene i dolori. Una volta terminato questo ciclo, ho avuto dei crampi, anche importanti, tenuti a bada da altri antidolorifici e antibiotici. Sono stata dimessa dalla clinica il 22 giugno e sono tornata a casa con un foglio in cui il dottore ha prescritto la cura da fare.

Durante tutto il post operatorio, non mi ha mai lasciata sola; è sempre venuto a trovarmi per chiedermi come stessi, mi ha rassicurata e mi ha spiegato anche che, laddove avessi avuto degli effetti collaterali, quale ad esempio, un’abbondante sudorazione o un po’ di febbre, il tutto rientrava pienamente nella normalità e che non avrei dovuto aver paura.

Ora sono a casa: ho delle perdite (normali, in questi casi), che guarda un po’ coincidono col ciclo che doveva arrivare, ma non somigliano minimamente ai cicli abbondanti di prima e ammetto che la cosa per me è strana, abituata com’ero. Il dottore mi ha detto anche che potrebbe giungere anche due volte in un mese, e che sarebbe normale, dato lo sconvolgimento ormonale in atto, ma in due mesi, tutto tornerà alla normalità. Tra un mese ci sarà il primo controllo e allora saprò se i maledetti stiano iniziando a “seccarsi”, come spero. Vi terrò aggiornate.

Di certo, ho trovato nel Dott. Magnano e nella sua segretaria, due benefattori che mi hanno salvata da una situazione molto seria, senza i quali mi sarei dovuta arrendere alla chirurgia tradizionale, rischiando tanto.

7 commenti

Lascia un commento

Cliccando Accetto dichiaro di aver letto e di accettare la privacy policy del sito web