Il mio percorso, tra vaginismo e miomectomia

Il mio percorso, tra vaginismo e miomectomia

Maledetto Fibroma Il Libro

Ho 29 anni, ed è da quando ne avevo 16  che sono al corrente di avere un piccolo fibroma uterino.

La mia mamma mi portava ogni anno a controllarlo tramite una ecografia pelvica, e mi veniva detto di stare tranquilla e di tornare l’anno successivo. Poi sono andata via di casa, ho vissuto qualche anno all’estero, sono tornata in Italia in una città diversa da quella d’origine.

Come spesso succede quando i nostri genitori smettono di amministrare la cura della nostra salute, un po’ ci trascuriamo.  Perché non sono tornata più da un ginecologo per così tanti anni? Beh, perché soffrivo di vaginismo, una patologia che avrebbe reso impossibile una visita completa. E alla mia età avrei dovuto spiegare perchè la rifiutavo, confessare a un medico che avevo bisogno di aiuto, e mi vergognavo tanto. Questa è un’altra storia, ma se tu che mi leggi sai di avere bisogno di aiuto… cercalo, ora.

Ho trovato il coraggio di farmi visitare quando la mia condizione era molto migliorata e iniziava a rendersi possibile, anche per me, l’idea di maternità. Trovo così la mia adorabile Dottoressa M., la prima persona in assoluto a dirmi che a volte i miomi possono essere d’intralcio per una eventuale gravidanza; essendo il mio abbastanza grande andava rimosso chirurgicamente. Lei però non opera, essendo una libera professionista, e mi suggerisce un ospedale vicino e dei colleghi fidati per eseguire l’intervento di miomectomia laparoscopica.

Il mondo mi crolla addosso, perché dopo anni a lottare con il vaginismo, adesso avevo un altro ostacolo da superare prima di poter finalmente avere un bambino. Come spesso succede, le liste d’attesa si rivelano lunghe, e presa dalla fretta di compiere questo passo decido di farmi convincere da mia madre a farmi operare nella mia città d’origine, dal Dottor G.,un ginecologo che ha in cura parte della mia famiglia e di cui si fidava. Durante la visita il Dottor G. legge quanto scritto dalla Dottoressa M. e mi dice di essere d’accordo: può operarmi lui, in laparoscopia, in tempi non troppo lunghi.

Vengo chiamata a seguito di una rinuncia di una paziente, dopo qualche settimana. Faccio i preoperatori  in fretta e furia, vengo ricoverata la mattina dell’intervento. In occasione della firma consensi (praticamente sul tavolo operatorio) mi viene detto che sarebbe stato più sicuro considerare l’intervento in laparotomia vista la grandezza e la posizione del mioma.

Non sono convinta, tentenno, ma mi sento in una posizione di grande svantaggio. Certo avrei potuto alzarmi dal tavolo operatorio e andar via, ma chi ci è passato sa come ci si sente in quei momenti. E questo è per me il più grande rimpianto: non avere avuto abbastanza forza.

Vengo operata, per fortuna va tutto bene.

Dopo 4 giorni di degenza vengo dimessa, e la mia convalescenza dura in tutto 3/4 settimane. Ma non appena il mio fisico si rimette in forze, ecco che inizia il mio declino psicologico. Inizio a sentirmi stupida, a sentirmi in colpa, a sentirmi tradita. Oltre a sapere che il comportamento del chirurgo era stato sbagliato (lo so per certo perché sono a mia volta un sanitario, certe cose si discutono prima di entrare in sala) sento dentro me che le spiegazioni che mi sono state date non sono del tutto giuste. Mi chiedo perché di un tale cambiamento di rotta quando in occasione della visita avevamo parlato di altro. Mi chiedo perché sia venuto fuori solo quando non avevo praticamente più scelta. Se mi fosse stato detto prima avrei certamente preso del tempo per pensare, per chiedere altri pareri.

Sarei dovuta tornare da lui per un controllo post operatorio, ma il pensiero mi tormentava: avevo completamente perso la fiducia. Così ho deciso di tornare dalla mia Ginecologa, la Dottoressa M e raccontargli la storia. Mi ha confermato che il comportamento del chirurgo era stato scorretto, che l’intervento poteva essere fatto diversamente. Per fortuna dall’eco il lavoro sembra fatto bene, ma la modalità era accettabile forse 20 anni fa.

Certo, sarei potuta finire comunque in laparotomia anche se avesse cominciato in laparoscopia, ma questo non toglie che non ci ha nemmeno provato, e soprattutto che non è stato chiaro con me. Per fortuna è andata bene, e non saprò mai perché ha deciso di cambiare all’ultimo. Quello che so è che non è giusto doversi sentire sbagliati in queste situazione, non è giusto dover soffrire così per la poca chiarezza e per la poca onestà di chi in quel momento aveva la mia fiducia, ma l’ha tradita.

Oggi sto bene, non ho avuto ripercussioni fisiche, ma il pensiero di ciò che ho passato mi fa male ogni volta che mi guardò allo specchio e vedo quel taglio.. non per la cicatrice in se, ma per ciò che rappresenta.

Ho evitato accuratamente di segnalare in quali città mi trovavo nelle varie tappe del mio racconto per evitare luoghi comuni sulla sanità in Italia, in particolare nelle varie zone della penisola. Nonostante tutto credo ancora che in tutto il paese ci siano grandi medici, purtroppo spesso sono quelli con cui ci troviamo male a fare più rumore.

Mi sono molto ritrovata nelle parole di Manuela. Come avevo raccontato, anche io mi sono trovata a dover firmare il consenso all’intervento quando già ero sul tavolo operatorio.

Quello che mi ha colpito, poi, è il rammarico che ha provato dopo l’intervento. Quella sensazione di essere stata in qualche modo “imbrogliata”.  Quella consapevolezza che, forse, sarebbe anche potuta andare in un altro modo. 

Sono purtroppo sensazioni che conosco bene e che ho combattuto dopo il mio primo intervento in laparotomia. Proprio per questo quando mi sono dovuta sottoporre ad un secondo intervento ho cercato di raccogliere tutte le informazioni del caso, tempestando di domande il dr Camanni.

Anche dopo il parto di Giorgia (avvenuto con taglio cesareo) ho vagamente avuto la stessa sensazione, perciò poi quando è stato il momento di Matteo ho cercato, per quanto fosse possibile, di avere un chiaro quadro di come sarebbe andata. 

Purtroppo è sempre difficile gestire, o meglio cercare di gestire, queste situazioni. Spesso nessuno prende in considerazione aspetti per noi fondamentali, o anche decisivi. 

1 commento

  • Liana

    ciao cara, mi dispiace molto di quanto ti è accaduto. Il chirurgo doveva essere più professionale e parlarne accuratamente di come fosse stato l’intervento. Nel mio caso al Gemelli mi è stato spiegato molto chiaramente l’intervento e perché sarebbe stato un intervento in minilaparotomia piuttosto che in laparoscopia. Quello che ti posso dire anche se non ho capito di quanti cm sia il taglio (nel mio caso 7cm, ho tolto 7 fibromi il più grande di 5,5cm) sicuramente il medico non si è comportato bene, però a me ha spiegato il dottor Scambia che la laparoscopia è pericolosa in caso la massa sia di origine maligna e a seconda del numero è della grandezza dei fibromi si preferisce la laparotomia. Detto questo ti mando una abbraccio, l’importante è che stai bene e sia andato tutto ok!

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