Succede “solo” che oggi in ufficio un mio collega decide di mettere qualche canzone di tanto tempo fa.
Le canzoni di spensierate vacanze al mare, le canzoni di allegre serate con i compagni di Università, le canzoni di lunghe giornate di sole e di risate, le canzoni, anche, di balli sfrenati sotto le stelle.
Le canzoni ascoltate con quella leggerezza con ormai sembra una chimera. Le canzoni di un tempo in cui tutto sembrava possibile.
Così succede che il mio stomaco si contorce un pochino, scosso da un fremito che non so interpretare. Succede che qualcosa dentro di me scatena una forte commozione, un turbamento forse.
E allora, un pochino, mi viene da piangere, e vorrei essere ancora là, senza pensieri. Senza cicatrici.
Non ambisco ad un cammino tanto diverso. Io volevo arrivare, più o meno, o perlopiù, dove sono.
Penso però alla mia vitalità. Al mio benessere fisico.
Penso all’energia, pressochè infinita, inesauribile, di quei giorni.
Penso alla mia vivacità, che non incontrava ostacoli.
Penso all’ “efficienza” del mio corpo, che mai mi deludeva.
E allora, piuttosto sconsolata, rimpiango quei tempi.
E mentre lui mi propone una nuova canzone, tutto felice di questo pomeriggio revival, io mi chiedo se possa davvero essere, e come sia potuto accadere, che nel mio preziosissimo utero alloggi un Maledetto Sarcoma.