Ritrovarmi, finalmente, con quel foglietto tra le mani, mi ha riempito il cuore di gioia e di speranza. Quella è stata la tangibile dimostrazione che ce l’ho fatta. Sono mesi che inseguo questo traguardo, che con il passare del tempo sembrava sempre più lontano, sempre più arduo da raggiungere.
Ma andiamo con ordine.
Come da accordi presi con la Numero 7 mi sono presentata questa mattina all’ospedale Mauriziano per effettuare l’ennesima ecografia transvaginale. Dopo un’oretta di attesa la dottoressa Elena Jacomuzzi mi ha ricevuta assieme alla sua assistente, una fanciulla piuttosto seria e silenziosa. Quest’esperta ecografista (si dirà così??) si è rivelata subito molto gentile e disponibile ad elargire spiegazioni. La visita di per sé è stata un po’ dolorosa, come sempre, ma ho scoperto quest’oggi che i momenti in cui ho sentito maggior fastidio sono stati proprio quelli in cui l’apparecchiatura ha toccato il fibroma. Il fatto di provare dolore durante le numerose ecografie che ho fatto non era dunque dovuto ad una mia eccessiva sensibilità, come alcuni medici mi avevano indotta a credere, ma a precise cause!
La dott.ssa Jacomuzzi, dopo un breve confronto con la sua assistente, ha diagnosticato una diffusa adenomiosi e la presenza del Maledetto. Ha inoltre confermato la tesi della Numero 7 secondo la quale alcune parti del fibroma sembrano liquefatte. Lei ha però specificatamente parlato di “necrosi”.
Per essere ancora più certa della sua diagnosi ha poi richiesto il consulto del direttore del reparto, il dr. Guido Menato. Il caro Guido ha confermato il tutto e mi ha conquistata per l’incredibile umanità con la quale mi ha trattata. Ha rifatto l’ecografia con estrema delicatezza, scusandosi in anticipo per l’eventuale dolore arrecatomi. Il dr. Menato è stato davvero il medico più sensibile e comprensivo che IO ABBIA incontrato da quando è iniziata la mia storia con il Maledetto. In realtà poi non ha fatto niente di particolare, se non prendere in considerazione la mia sofferenza.
Mi ha chiesto inoltre se i dolori si presentano anche al di fuori del ciclo mestruale (cosa che accade, con violenti fitte dentro l’utero) e durante i rapporti sessuali.
Per la prima volta mi sono sentita pienamente compresa.
Fino ad oggi si sono sempre tutti concentrati esclusivamente sul mio utero, dimenticando in molti casi di aver di fronte una persona che non ha più una vita normale. Anche la dott.ssa Jacomuzzi mi ha stupita per la sua dolcezza. Addirittura mi accarezzava una gamba mentre il dr. Menato mi visitava!
Mi hanno poi spiegato che le parti liquefatte del fibroma sono in necrosi. ‘Necrosi vuol dire morte‘ ho pensato. “Perciò il mio fibroma stà morendo?” ho chiesto. Avevo paura di aver dato, ancora una volta, un’interpretazione troppo semplicistica dei fatti invece, in questo caso, avevo capito bene! Parti del fibroma muoiono e creano cicatrici dentro il fibroma stesso. Questo processo è molto doloroso ed è responsabile delle mie terrificanti fitte.
“E se il fibroma muore che succede?” chiedo ancora. “Che darà meno fastidio” risponde con un sorriso il caro Guido.
Entrambi si sono trovati d’accordo nel sconsigliarmi l’operazione, che potrebbe rivelarsi inutile o peggio comportare, per complicazioni, la totale rimozione del mio utero.
Ho chiesto ancora, pur immaginando l’amara risposta, se fosse possibile, in quelle condizioni, rimanere incinta.
E di nuovo questi medici mi hanno regalato una risposta confortante e inaspettata:”Perchè no? Magari ci vorrà solo un po’ più di tempo!” e il buon Guido ha alzato le braccia al cielo, come a farmi intendere che solo il Padre Eterno può decretare se io avrò o meno un altro bambino. Il Padre Eterno! Non il Maledetto!
Sono uscita da questo studio medico con un bel sorriso, piena di speranza, e non con il solito broncio. Ho raccontato tutto a raffica al bighi, che mi aspettava fuori. Eravamo felici, positivi, fiduciosi.
E così forse lui morirà e mi lascerà vivere. E sopportare questo dolore sapendo che significa la sua morte sarà più facile. E siccome è raro che i fibromi vadano in necrosi forse l’ho vinto io, con la mia forza di volontà (è un bel pensiero questo, che voglio concedermi perchè mi ricarica di forza e di energia, e davvero ne ho immenso bisogno).
La chiamata della Numero 7 è arrivata poco dopo, mentre eravamo in macchina diretti verso casa: “Ho la ricetta per l’Esmya!” mi ha detto come prima cosa. Senza punto esclamativo, in realtà, l’ha detto lei, ma nel racconto mi piace aggiungerlo. Aveva già parlato con la dott.ssa Jacomuzzi e l’ipotesi di utilizzare Esmya poteva essere confermata.
Così siamo tornati indietro, abbiamo nuovamente cercato parcheggio, e abbiamo attraversato l’ospedale da capo a fondo fino a raggiungere il lontanissimo Padiglione 6, dove ci aspettava la dottoressa.
Dopo un breve attesa la Numero 7 ci ha ricevuti nel suo studio (niente a chi vedere con quello in cui siamo stati due giorni fa!) e ci ha consegnato la ricetta.
Non mi sembrava vero.
Ha detto che potevo acquistare Esmya a San Marino e forse farmela spedire a casa. Ha detto di prenderla per 3 mesi, trascorsi i quali valuteremo cosa è accaduto.
Sono tornata a casa saltellante di gioia. Io e il bighi siamo anche andati a prnedere un mega gelato da Vito per festeggiare.
Io prenderò Esmya e il Maledetto morirà!
Ho anche una gran voglia di scrivere al professor Petraglia per aggiornarlo riguardo i miei traguardi.
Ora non mi resta che procurarmi Esmya!