Chissà perché le femministe non hanno mai contestato quello che ormai, da almeno paio di secoli, avviene sulla pelle delle donne sotto forma di espropriazione passiva del loro organo riproduttivo, attraverso una sorta di una legittimata ‘chirurgia della sterilizzazione’.
Un tempo l’asportazione dell’utero, l’isterectomia, veniva praticata sulle pazienti come “rimedio” atto ad eliminare in tout court le patologie che avevano a che fare con l’apparato riproduttivo femminile o per risolvere alcune sconcertanti “espressioni” uterine, isterie, malinconie mestruali, disfunzioni davvero… ‘sconvenienti’.. ingestibili! Un pelo nell’utero poteva bastare come pretesto? Magari qualche nostra bis bis bis nonna avrà pensato in cuor suo, ma senza mai esternarlo, se dietro quel “rimedio” scontato proposto dalla indiscutibile autorità medica, non ci fossero elementi in qualche modo ereditati da un altro indirizzo di “medicina” con vaghi fili di collegamento all’eugenetica tanto cara al transumanesimo (ci viene anche da pensare alla pratica della infibulazione che comunque è ancora praticata in alcuni paese sotto certi regimi)… Quando un potere o un sapere cerca di appropriarsi interamente del controllo della vita, della riproduttività umana, ma anche alle risorse straordinarie dell’organismo, ha il sapore di una sorta di guerra segreta allo stesso essere umano. Ma si… Zak! Asportiamo subito un organo come se fosse una batteria esausta. Diciamo pure che la pratica eccessiva dell’isterectomia potrebbe essere un bel un tema di carattere bioetico. L’utero è simbolicamente la prima culla naturale dell’Uomo (e non quella dei trans-umanisti che anelano alla umanità umanoide), l’organo da cui ha origine la vita-scintilla umano-divina, l’imperterrito ‘continuatore’ e perpetuatore dell’esperienza, della storia umana, senza cui terra non avrebbe seguito così come la conosciamo.
Eliminare è far sparire, e quando qualcosa sparisce non esiste, non c’è, non può esprimersi, non può dare testimonianza di sé. L’asportazione dell’utero è un intervento destrutturante per la donna, ancora di più se si porta ad accettarlo passivamente senza avere il tempo di valutare le conseguenze emotive e fisiche. Dove è la cautela di tali medici? Dove è la discriminazione tra quelle patologie dove è l’isterectomia è strettamente necessaria e quelle invece dove si può evitare? O è solo incapacità, convenienza etc?
C’è un dato indicativo, che negli ultimi decenni i numeri delle isterectomie sono vertiginosamente raddoppiate. Solo in Italia, per esempio, nel 94’ ne erano state eseguite 38.000 e nel 97’ arrivavano a 68.000. Nel 99’ poi veniva presentata una interrogazione parlamentale dell’ On. Valpiana con il seguente testo:
Al Ministro della sanità. – Per sapere – premesso che: la scuola di specializzazione, il Master europeo e il centro di informazione in diritti umani dell’università di Padova hanno pubblicamente denunciato la reiterata violazione dell’integrità psicofisica delle donne italiane a causa dell’abuso degli interventi di isterectomia e di annessiectomia; alla base di questa denuncia vi è una lunga ricerca di Maria Rosa Dalla Costa, docente di sociologia dell’università di Padova con la collaborazione, tra le altre, della professoressa Daria Minucci, docente di ginecologia all’università di Padova; da questa ricerca risulta che in Italia le isterectomie sono passate dalle 38.000 del 1994 alle 68.000 del 1997, toccando quindi quasi una donna su cinque; nel Veneto dal 1993 al 1996 le asportazioni chirurgiche dell’utero sono passate da 5.909 a 6.685 (una donna veneta su quattro quindi corre il rischio di subire tale operazione); l’enorme crescente ricorso all’isterectomia, lungi dall’essere dovuto all’improvviso diffondersi di patologie particolarmente invalidanti, può essere invece spiegato con un approccio di tipo meccanicistico praticato da medici ginecologi (non a caso a larga maggioranza maschi) che propongono un intervento più in base all’età che al tipo di disturbo, preferendo molte volte asportare un organo non più ritenuto utile piuttosto che curarlo; le metrorragie disfunzionali e i fibromi, di regola risolvibili con terapie e interventi non chirurgici o, addirittura, nel caso dei piccoli fibromi, senza alcun trattamento, rappresentano invece rispettivamente il 35 e il 30 per cento delle cause di isterectomia, anche se dovrebbero esserlo solo in pochi e ben determinati casi; tali interventi demolitori del corpo femminile comportano rischi e danni e andrebbero accettati solo nei pochi casi in cui non esistano valide alternative terapeutiche; l’abuso dell’isterectomia comporta precise responsabilità del medico in campo civile e penale -: quali siano le motivazioni di tali dati allarmanti, quale sia il trend a livello internazionale e quali le indicazioni in merito da parte dell’Organizzazione mondiale della sanità; se intenda promulgare linee guida alle regioni e alle strutture sanitarie affinché mettano in atto correzioni ai meccanismi che possono contribuire a provocare questo attacco indiscriminato all’integrità psicofisica delle donne. (4-24489)
La pratica di un “approccio di tipo meccanicistico praticato da medici ginecologi”… certo, la standardizzazione in alcuni ambiti è utile, ma forse l’ambito medico sta cedendo un po’ più del necessario o si calca la mano? Si cade nella tentazione dell’efficienza e si dimentica che le persone non sono solo una matassa di organi vitali ma è una sorta di un grande equilibrio psicofisico, insomma, che non si può spiegare soltanto attraverso un quadro anatomico clinico standardizzato. L’essere umano ha risorse misconosciute e imprevedibili anche per la stessa scienza medica. Per esempio la genetica cerca di spiegare la trasmissione di certe patologie andando a ruzzolare tra i cromosomi, pagando studi su studi per individuare nei polimorfismi genomici la (alleli di) predisposizione ad una malattia, ma nel contempo si scopre che i geni non hanno soltanto elementi di trasmissibilità ma anche (alleli) di resistenza e che la presenza di un genoma con caratteristiche polimorfiche non costituisce certamente la sentenza di sviluppo di una patologia. Questo per dire che fondamentalmente il medico deve essere sempre una specie di “ricercatore”, che non cede alla tentazione di annoverare per esempio le sintomatologie nelle macro categoria, così per risparmiare, perché è più facile in un giorno di grande stanchezza. “Ordunque medici è dura, avete scelto un lavoro dove serve un equilibrio pazzesco, lo sappiamo, siete degli eroi, rinfocolate la vostra passione..”(Cit.) Ma ritornando a quanto detto prima, ci chiediamo, perché certi ginecologi rimangono nella presunzione di proporre solo l’isterectomia senza far scegliere alla paziente e accennare ad altri tipi d’interventi se si possono fare? Perché non si da rilievo alle conseguenze anche percezione della femminilità che è analoga a quella maschile che avverrebbe con l’asportazione dei testicoli? Perché sono in grado di proporre una soluzione conservativa quando ormai da tempo esiste la chirurgia mini invasiva? Non sono in grado di farlo? Siamo delle gatte da sterilizzare senza se e senza ma? Generalmente si dice che l’asportazione dell’utero non ha conseguenze. Ancora peggio se assieme all’ isterectomia viene effettuata un asportazione delle ovaie. Perchè spesso alle donne di età non proprio fertile si vuole togliere “quello che non serve più” e portando anche la donna ad una menopausa anticipata, che anche se è di poco è comunque.. prima del previsto? La perplessità che siano anche delle ginecologhe ad incoraggiare degli interventi non conservativi non si esaurisce. Una piccola parentesi probabilmente ci sarebbe anche da aprire circa la terapia spesso suggerita con Ulipristal acetato, nome commerciale Esmya. L’Ulipristal acetato è un modulatore selettivo del recettore del progesterone, e agisce come contraccettivo ritardando o evitando l’ovulazione, infatti è lo stesso principio farmaceutico utilizzato nella pillola del giorno dopo. I trial avranno valutato cosa comporta alla lunga per esempio in un utilizzo superiore ai tre mesi, sospendendola e poi riprendendola? Speriamo di si ma alcuni effetti collaterali riferiti e quelli riscontrati da chi lo ha assunto meriterebbe una riflessione. Considerazione analoga la considerazione per gli agonisti del GnRH (gonadotropine).
La strada chirurgica quindi non è sbagliata ma proporre solo una opzione della isterectomia quando ci sono delle alternative per salvare l’organo in condizioni accettabili o che la paziente accetta non passivamente, perché magari è in grado di valutarlo per se stessa non è del tutto onesto; e se si chiedono spiegazioni magari sentiamo che nel non verbale vien fuori lo spirito del marchese del grillo con la famosa frase ‘io so io mentre tu..’. A quel punto saltiamo via noi e concediamoci un momento di lucido vaglio della situazione, considerando di consultare altri ginecologi competenti, che hanno tatto e rispetto per qualsiasi dubbio esitazione o richiesta di chiarimenti.
Una meravigliosa dottoressa tra un discorso una volta intercalò la seguente osservazione “Noi già parliamo di cose che riguardano voi pazienti di cui non sappiamo niente in prima persona sulla nostra pelle. ” Un plauso a lei dottoressa e alla sua grande e incoraggiante umiltà!
Quindi raccogliamoci un momento, fermiamoci, respiriamo e cerchiamo un contatto emotivo con noi stesse per capire cosa vogliamo veramente, se non ci hanno proposto l’isterectomia per salvarci da una neoplasia maligna, oltre che risolvere la leiomiomatosi (o fibromatosi), abbiamo la possibilità di decidere nella massima aderenza con quello che vogliamo noi. Possiamo considerare di trovare chi è disposto a fare una miomectomia o a limite considerare l’embolizzazione. Non è sempre facile fermarsi e darsi la possibilità di fare emergere la sensazione di perplessità o di delusione ad un consulto, ci vorremo fidare, siamo esauste e spaventate, sopratutto vorremmo risolvere. E’ faticoso stare nello smarrimento! Sappiate che esistono chirurghi dotati sia di un curriculum di tutto rispetto e di una esperienza medico chirurgica piena di sfide tanto da poter essere in grado di proporci anche un intervento conservativo e di permettere a noi di scegliere paventando i pro e i contro. Fidatevi anche del vostro istinto e del rapporto che s’instaura da subito nel primo colloquio. Saprete subito se c’è quell’empatia e delicatezza professionale che non vi lascia dubbi, che vi rassicura interamente, anziché una secca presunzione vestita dall’ alibi di un parere medico professionale inattaccabile (il quale spesso nasconde sia un livello di preparazione chirurgica inadeguato, sia un rapporto medico paziente patinato e standardizzato). Quindi ringraziamo i medici a cui batte veramente un cuore, quelli che fanno la differenza e che ci permettono di riprendere coscienza e speranza in un momento magari di grande sconforto con la loro grandissima professionalità, cervello e mani d’oro.
Ringrazio la pioniera Eleonora del grande bene che ha fatto creando questo blog, l’Equipe chirurgica del dott. Camanni, la dott.ssa Del Piano, dott.ssa Caciolo, dott. Stefanis, Inf. Bono. Ringrazio Silvia e lo Staff della GIN&CO per la loro professionalità, disponibilità, pazienza, aiuto e supporto.
Bellissimo e importantissimo post, che mette al centro una questione cruciale: quanto, in quello che i medici ci dicono a volte in modo lapidario, c’è di vero e quanto invece di dipendente dalle loro capacità diagnostiche o chirurgiche, dalla struttura ospedaliera in cui operano e dai mezzi tecnologici a disposizione, dai loro interessi (scientifici, economici) per questo o quell’esperimento di cura? Ogni donna dovrebbe chiederselo e MAI e poi MAI fermarsi al primo consulto, farsi convincere senza sentire un secondo, terzo o quarto parere. In Italia, chissà perché, è alta la percentuale di isterectomie, più alta che in altri paesi.
La prima ginecologa da cui sono andata mi disse che o avrebbe tolto tutto o avrei potuto tentare una cura. Ho saputo solo mesi dopo che non era chirurgo e non era in grado di dire se l’operazione poteva essere conservativa. In più si è lasciata scappare che era contenta di sperimentare il farmaco. Con lo spauracchio dell’isterectomia mi ha convinta a fare una cura del tutto inutile e insensata viste le dimensioni del mio mioma e la necessità di risolvere il problema in tempi brevi (vista la mia età e la ricerca di una gravidanza).
Il secondo ginecologo con cui ho parlato, anche lui non chirurgo, mi disse che secondo lui potevo trovare un chirurgo disposto a tentare di salvare l’utero, dovevo solo trovarne uno capace, che se la sentisse. Mi disse anche che probabilmente ogni chirurgo aveva la tentazione di togliere tutto per fare un’operazione più facile, ma la decisione era mia, mio l’utero, mia la decisione di conservarlo e tentare una gravidanza o meno. Che poi avere o non avere l’utero non fa differenza solo per quello. Purtroppo non sapeva indicarmi nomi ma un’alternativa alla cura e all’attesa sì.
Il terzo con cui ho parlato (stesso ospedale della prima) disse che la cura non aveva avuto senso, viste le dimensioni. Che l’unica era l’intervento, che se proprio volevo mi avrebbe conservato l’utero, ma chissà che ne sarebbe rimasto… ha cercato un po’ di scoraggiarmi, insomma. E so per certo che in donne meno giovani ha spinto per togliere l’utero pur con miomi ben più piccoli e facendo fare comunque la famosa cura… chissà perché: quell’ospedale è un centro di sperimentazione o di cura? Comunque questo terzo mi avrebbe tagliuzzato per bene dal pube all’ombelico, per fare ciò che doveva. Nessuna alternativa.
Sono andata da un quarto. Sapevo bene di non poter evitare il taglio, di non avere tempo per l’embolizzazione, di avere anche l’endometriosi da risolvere… ma questo quarto ginecologo, chirurgo, mi ha spiegato che avrebbe fatto quello che io volevo, tifando comunque per la conservazione. Mi ha fatto un taglio orizzontale (tagliando in verticale solo dentro) e ha risolto la cosa in un’ora e quaranta. Con tempi di attesa per l’intervento ben inferiori a quelli degli altri. Mi ha spiegato che molto dipende dagli strumenti a disposizione, oltre che dal coraggio e dall’esperienza di un chirurgo. Io sapevo che lui aveva brillantemente risolto casi dove altri avrebbero tolto tutto. E così è stato per me.
Alla faccia di quanto detto da altri, dai quali mi piacerebbe tornare e sentire cosa hanno da dire. Ci vorrebbe più onestà, più umiltà, più coerenza con la professione che si è scelto di fare.
Non c’è e sta a noi muoverci e informarci. Io mi auguro che questo blog resti a lungo un faro nel mare tempestoso in cui ogni donna si trova di fronte a certe diagnosi. L’isterectomia la fece mia nonna 50 anni fa. E’ ora di finirla con la noncuranza verso le donne, verso i loro corpi e le loro sensibilità. Credo anche io che dietro ci sia una cultura maschilista, sposata anche da certe donne, oltre che molti interessi e molte bugie. Dobbiamo essere unite, parlare tra di noi, aiutarci (io a quel chirurgo che ha salvato tutto sono arrivata tramite amiche, dopo ho scoperto che è considerato un luminare nel suo campo e che fan la fila per essere operate da lui), dobbiamo usare i nostri cuori (quello che molti non hanno) e i nostri cervelli, dobbiamo valorizzare i nomi dei medici sensibili e capaci (il mio è il dottor Roberto Benatti che opera alla casa di cura Città di Parma). Dobbiamo farla finita con l’incompetenza e il menefreghismo, con le bugie di certi medici che invece di indirizzarci verso alternative migliori, fanno i loro comodi (economici e scientifici) sui nostri corpi, le nostre menti e le nostre vite. BASTA. Diffidate di chiunque voglia fare interventi demolitivi e imbottirvi di medicine. Raccontate le vostre storie a quanti più potete. Parlate, parlate, parlate!