A ripensarci adesso, mi sembra ancora più assurdo. Un intervento in laparotomia per rimuovere un fibroma di appena 2 cm! Eppure io mi fidavo di lui. Mia mamma si fidava di lui. Era il suo ginecologo. Aveva fatto nascere sia me che mia sorella e aveva eccellentemente assistino mia mamma durante il parto. E poi era stato l’unico, o meglio il primo, a dirmi che per mettere fine a tutti quei dolori che non mi davano tregua sarebbe stato sufficiente un piccolo taglietto, che mi avrebbe lasciato una cicatrice minuscola, appena appena percepibile. L’ha descritto come un intervento banale, veloce, di rapida ripresa, senza alcuna conseguenza. La soluzione migliore, la più sicura, l’unica risolutiva.
Essì, perchè se avessi preferito la laparoscopia (ero inesperta e fiduciosa in lui, ma un minimo mi ero informata ..) il rischio sarebbe stato quello di non rimuovere bene il Maledetto (che allora non era Maeldetto quanto ora) e il fibroma si sarebbe potuto anche riformare. Invece la laparotomia mi avrebbe garantito una bella pulizia dell’utero (perchè? era sporco??), che in men che non si dica sarebbe tornato come nuovo. Peccato che il Numero 2 avesse omesso una consistente quantità di “dettagli” ..
Il ricovero
Il ricovero è avvenuto il giorno prima dell’intervento. Avevo il ciclo mestruale (“Massì, non importa” mi aveva detto il Numero 2 al telefono) ed ero già piuttosto debilitata da questo.
La clinica era pulita, ordinata e lontana, lontanissima, da casa. Per fortuna il bighi era con me… Mi hanno subito costretta al digiuno e propinato un lassativo ma io, chissà perchè, ho saggiamente deciso di prenderne solo mezza dose, che è comunque stata sufficiente a provocarmi forti scariche di diarrea e a farmi quasi collassare … ricordo di aver quasi perso i sensi e ricordo mia mamma che insisteva con l’infermiera sul fatto che io stessi svenendo. Menomale che c’era lei.
L’intera notta era poi stata un’agonia pazzesca. La mia vicina di letto era appena tornata dal suo intervento, ed oltre ad avermi terrorizzata lamentando dolori lancinanti, aveva profondamente russato per tutta la notte. Io avevo mal di pancia, ero spaventatissima e non riuscivo a chiudere occhio.
Ad un certo punto mi sono alzata e ho vagato nel corridoio deserto alla ricerca di qualcuno che potesse aiutarmi. Ho trovato solo un giovane infermiere, che avrà avuto pochi anni più di me, al quale con le lacrime agli occhi ho detto: “Ho mal di pancia, non riesco a dormire e la mia vicina russa”. Lui non ha avuto mezza parola di conforto e mi ha offerto una pillola che mi avrebbe tranquillizzata. Mi ha spiazzata. Non mi aspettavo assolutamente una tale fredezza. Da un ragazzo quasi mio coetaneo, poi! Non mi era mai capitato (che fortunata!) di essere considerata davvero così poco. Grazie alla pastiglia magica, comunque, ad un certo punto mi sono addormentata.
Poche ore dopo ice man (lo stesso giovane infermiere) è venuto a svegliarmi. Mi ha detto di togliermi il pigiama e di infilarmi le calze antitrombo e una specie di vestito verde di carta. Ho faticato tanto, ricordo, con quelle strettissime calze (le stesse che ho poi indossato anche durante il parto di Giorgia), ma tanto non avevo fretta. Anzi mi sembrava che fossero tutti un po’ in anticipo .. io aspettavo mamma, papà e il bighi.
Non volevo entrare in sala operatoria senza salutarli. Dovevamo aspettarli! (Illusa …). Quando ice man è tornato nella stanza ero quasi pronta. Mi ha fatta alzare, mi ha fatto una puntura di non so che nel sedere (ogni parola di spiegazione era superflua) e mi ha fatta salire sul lettino che lui e un’altra infermiera hanno spinto lungo il corridoio, fino all’ascensore.
Mi ricordo che l’infermiera non era italiana. Sembrava coreana dai lineamenti e aveva molte cicatrici sul collo. Le ho detto che aveva paura e lei mi ha detto che anche lei aveva subito molti interventi e che poi passa tutto.
Questo è stato il massimo dell’interazione avvenuto tra me e altri esseri umani nel tempo intercorso tra il mio risveglio di quella mattina e il mio successivo addormentamento con l’anestesia.
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